Gaetano Donizetti studiò quell’anno canto col Salari, che era stato a Napoli allievo di Piccinni; Gonzales, organista di Santa Maria Maggiore, gli impartì lezioni di clavicembalo, e Mayr, ponte ideale tra Haydn, Mozart, Beethoven e l’opera italiana, gli spiegò la teoria musicale. Quell’anno le Lezioni Caritatevoli avevano acquisito un riconoscimento ufficiale.
I progressi di Donizetti, nel corso degli studi, furono puntigliosamente segnalati da Mayr e dagli altri insegnanti.
Mayr prese a benvolere il ragazzo, divenne anzi suo padre spirituale, benefattore, come per il resto della sua vita (essendo morto tre anni prima di lui).

gli Amici della lirica

Un gruppo d’appassionati di canto della Bergamo Alta fondò nel 1807 il Teatro Sociale, che servirà da punto di riferimento per l’opera e i cantanti lirici. Donizetti vi conoscerà Domenico Viganoni, Domenico Donzelli e Giovanni Battista Rubini, che interpreteranno poi molte delle sue opere. Imparerà a trarre vantaggio dalle voci, ascoltando le loro improvvisazioni, che arricchivano le partiture musicali di abbellimenti non scritti, ma sottintesi.
Il compositore d’inizio Ottocento scriveva ancora la linea melodica principale, aspettandosi che il cantante la variasse, secondo i gusti del pubblico e le proprie capacità tecniche. Sicché delle opere più famose ci giunge solo una pallida eco dell’esecuzione reale, soggetta anche al diverso timbro, più leggero, delle voci liriche. Ogni opera è scritta a vantaggio di quello o quell’altro cantante, e parlare di melodrammi di Donizetti, significa parlare anche degli interpreti e delle concessioni alle attrattive del loro canto, per esprimere i sentimenti e gli affetti del testo. Metodo usuale tra i compositori contemporanei e testimoniato da alcuni scrittori, che non lo considerano uno sminuire il musicista, ma un’unione di forze per trarre dalla bravura di ognuno un miglior partito drammatico.

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