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Lorenzino de’ Medici

Lorenzino de’ Medici (Venezia, Teatro La Fenice, 4 marzo 1845)
musica: Giovanni Pacini, libretto: Francesco Maria Piave.immagine di Giovanni Pacini

spartito

frontespizio dello spartito del Lorenzino de' Medici di Giovanni Pacini

testi

copertina del libretto originale del Lorenzino de' Medici di Giovanni Pacini

libretto pdf-icon
(documento pdf, 2.0 Mb)

copertina dell'autobiografia di Giovanni Pacini

Le mie memorie artistiche.pdf-icon
(documento pdf, 3.71 Mb)

mp3

Sinfonia file Mp3
(Mp3 3.6 Mb)
I: Allegro vivace, in mib maggiore, in 2/4.

 

Atto I

Romanza file Mp3
(Mp3 3.1 Mb)
Atto I Scena III: “Ma verrà mel dice il core”, Romanza di Filippo, Largo, Andante affettuoso,

presentazione

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l’opera

“Il vecchio amico Lanari mi officiò proponendomi due contratti, uno per iscrivere l’opera d’ obbligo al gran teatro della Fenice di Venezia per il carnevale 1845, e l’ altro per la primavera dello stesso anno al R. teatro della Pergola di Firenze. In poche parole e senza contratti, con una semplice lettera il tutto fu stabilito, come si soleva fare per lo passato fra galantuomini. Cammarano e Piave furono i miei consoci. Il primo mi approntò il Buondelmonte ed il secondo il Lorenzino de’ Medici. L’esito dei precitati miei due lavori è troppo noto perchè io ne faccia subietto di ragionamento, giacchè con la Saffo e la Medea furono per lungo tempo, ed anche di presente, di quando in quando, rappresentati su tutti i teatri della nostra penisola ed in altri stranieri. La Gazzaniga, quella cara eletta cantante fu la prima Beatrice. La somma Barbieri-Nini, da me qualificata col titolo di prima donna di baule, sostenne la parte di Luisa Strozzi. Mi sia lecito narrare che durante la mia dimora in Vicenza ebbi a soffrire penosissima malattia, per la qual cosa non potei neppure assistere a tutte le prove del mio Loremino de’ Medici. Ebbi peraltro in quella stessa stagione agio di recarmi a Venezia onde porre in iscena la Medea a quel teatro Eretenio, eseguita lodevolmente dalla brava Tavola, dal tenore Miragita e dal baritono Gorini; per cui anche colà la mia vagheggiata figlia ebbe pieno trionfo. Fu in quella circostanza che ebbi l’onore di conoscere, oltre il sig. conte Trizzino, altre, rispettabilissime persone che si compiacquero darmi in appresso prove di immeritata stima. Ebbi in dono dal vecchio impresario Perottini un bellissimo astuccio con oggetti d’ argento per uso di viaggio. — Ritornato dopo otto giorni d’assenza a Venezia, e pensando seriamente ai casi dell’ impresa, che non erano in verità troppo lusinghieri (pel successo non lieto degli spettacoli che fin’ allora erano stati rappresentati) mi disposi a dissipare la procella che me pure minacciava

colpire. Bisognava cercare il modo di porre il pubblico di buon umore. Pensai perciò chiamare in mio soccorso qualcuna delle Castalie sorelle. Officiai pertanto il celebre scenografo Venier perchè volesse stendermi la mano di fraterno aiuto col farmi una scena che colpisse la vista degli spettatori. — Gli spiegai le mie idee. Egli col suo gran genio afferrò di botto il mio concetto, e l’eseguì. Venuta la prima sera dell’andata in iscena del Lorenzino, dopo breve preludio alzatasi la tela, il pubblico proruppe in un grido generale di plauso, e chiamò il Venier per ben tre volte all’onore del proscenio. Seguiva un coro d’introduzione che per la sua gaiezza piacque non poco, e fece verificare non Solo l’antico adagio

Chi ben comincia è alla metà dell’opera:

ma mi portò ben anco in porto a vele gonfie.

Il fortunato incontro del Lorenzino mi procurò in quell’ istesso anno oltre il contratto pel carnevale 1848, come dirò in seguito, la somma onoranza di esser prescelto dall’ illustre accademia del teatro Olimpico di Vicenza per musicare i Cori della famosa tragedia di Sofocle, V Edipo, tradotta dall’ insigne Bellotti, verseggiata dal non men chiaro signor conte Cabianca.” (Giovanni Pacini, Le mie memorie artistiche, Guidi, Firenze 1865, p.111)

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